Come parliamo

Fonte Il Campanone

Direte voi, anche il somaro è bello? Certamente è bello nella sua giovane età, quando è forte e robusto per il lavoro. Rivolto ad una persona si indica la breve durata della sua bellezza, legata anche per lei alla gioventù.

Immaginiamo quanta antipatia, innata o giustificata, ci può suscitare una persona da non poterne tollerare la vicinanza e tantomeno da poterne sentire la “puzza”, ma nemmeno “l’odore”.

Certamente pronunciando questa frase non abbiamo di una persona una grande stima. Immaginiamo la scena, forse un po’ macabra: consideriamo solo per un attimo la voracità del cinghiale che non rifiuta niente ma che, in questo caso, rifiuta la testa di qualcuno; ovviamente la testa intesa come cervello, intelletto; figuriamoci, quindi, quanto possa essere inutile, da non essere nemmeno degno pasto per un cinghiale.

Avete mai sentito pronunciare questa frase da un uomo o una donna, beh, pensandoci bene è veramente efficace. Toccare qualcuno con una canna vuol dire starne a una certa distanza, ma metaforicamente vorrà significare che, di una certa persona, non si prova nessuna attrazione, anzi la si ritiene decisamente disgustosa.

Saggezza antica. Niente di frettoloso o alla rinfusa, ma lavoro attento che porterà ad un buon risultato. Prendiamo proprio l’esempio della legatura: qualche volta ci è capitato di annodare qualche cosa frettolosamente e quando siamo andati a sciogliere ci è risultato impossibile. Questo dunque l’insegnamento,  fare bene un nodo o qualsiasi altra cosa, per riuscire meglio nella conclusione del lavoro che ci siamo prefissati.

Si riferisce a persona magra e sofferente, che sembra faccia fatica a trasportare la sua anima, stringendola con i denti.

Il ciborio è inteso per estensione il tabernacolo, dove vengono conservate le ostie consacrate, quindi qualcosa di sacro e di molto valore, “mangiarselo” significa consumare ogni risorsa materiale.

Nel dialetto tosco-laziale la parola prospero indica il fiammifero. Con questa esclamazione viene accolta una notizia sensazionale; la frase può avere anche valore ironico. Volevo lasciare l’ultima parola a una dolcissima novantenne di Terravecchia, Parisina Pelosi che, in una recente intervista ci ha donato una vera “perla di saggezza”: quando andavo a fa’ le spighe nei campi o a fa’ le gregne a la mattina cantavamo li stornelli; come questo: E lo mio amore fece come quello ha lasciato me pe’ trova’ mejo ha trovato un melone giallo!

Letteralmente “pan perso”. Significato difficile da ritrovare, ma molto facile da attribuire ad un individuo, indicando in questi la sua “semplicità intellettiva”, momentanea o connaturata, o il suo comportamento da sciocco.

Certamente ragazza bella fisicamente ma non altrettanto per la sua personalità, mancante cioè di quel “quid” che dovrebbe caratterizzare ogni donna.

Solitamente è il vino che prende di “spunto”, ovvero che si trasforma in aceto, ma in questo caso ci si riferisce ad una persona indicando che si è inasprita, ha peggiorato alcuni aspetti del suo carattere.

Semplice da interpretare. La ricotta appena fatta è morbida e prende facilmente la forma del recipiente in cui è posta. Simbolicamente significa che i figli vengono come i genitori e per esteso come questi li educano.

Quante volte abbiamo sentito dire “va in giro co’ ’na scarpa e ’na ciavatta”, oppure “è ridotto co’ ’na scarpa e ’na ciavatta”: quale parallelismo facciamo? Sicuramente ci viene in mente una persona spiantata, ma se guardiamo bene, nel primo caso, potremmo intravedere una persona avara, che vuole risparmiare o che ha poca cura di sé; mentre nel secondo una persona ridotta al lastrico, che ha perso ogni cosa.

Ci indica una persona furba, che vuole guadagnare comunque, anche nella conversazione, cercando di farti parlare, accennando qualcosa affinché il discorso venga concluso da altri.

Se si ascolta questa frase se ne dà un senso del tutto diverso. A Montalto, fino a verso la metà degli anni ’70, vi era un prete, Don Vittorio, appunto. Officiava la sua funzione di sacerdote nella chiesetta dell’ex ospedale di San Sisto. Di questo personaggio ho un ricordo molto sfumato, più nitido lo ho della sua pancia, un po’ troppo grande. Il motivo era un’ernia, la quale diventava dolorosa e fastidiosa ai cambiamenti di tempo. Di conseguenza se il povero parroco si lamentava per il dolore significava che il tempo stava cambiando, possiamo parlare di una pancia meteorologica! Ancora oggi se domandiamo che tempo farà, ci sentiamo rispondere …e che c’ho il pallone de Don Vittorio.

Credo che in pochi ormai pronuncino questa frase. La Banditella era la macchia comunale che si estendeva dalla strada del mare all’Arrone e dall’Aurelia al tombolo. Dante Sostegni si era battuto per una vita affinché la macchia tornasse di proprietà comunale, venisse divisa in lotti e concessa in enfiteusi alle famiglie montaltesi. Tutti noi sappiamo come è andata a finire, quindi questo personaggio verrà ad identificarsi con chiunque abbia una “fissazione” per qualche cosa.

Forse è la frase più popolare perché è accompagnata da un finale comico. Ardelio lo ricordo benissimo, era uno zio acquisito, una persona veramente speciale. Lo rivedo ancora suonare la fisarmonica! Era diventato cieco a causa della rosolia allora non ben curata. Spesso usciva in barca a pesca con un amico, un certo signor Cavalloro anch’esso con problemi alla vista: ci vedeva da un solo occhio. Quando giungevano in prossimità della Foce, Cavalloro pronunciava la fatidica frase “ce semo Ardelio”, quest’ultimo, essendo un gran nuotatore, si tuffava in acqua e spingeva la barca fino a superare la duna di sabbia che ne impediva l’entrata dal mare. Ma un giorno l’unico occhio di Cavalloro venne offuscato da un moscerino. A quest’ultimo venne spontaneo dire: “ce semo Ardelio”, come dire siamo spacciati! Ma Ardelio pensava che fosse la frase convenzionale e si tuffò, non sapendo che si trovavano ancora in alto mare! Quindi quando si dice così si vuol dire che non c’è più scampo.

Di solito usiamo questa frase quando vogliamo indicare una crescita o uno sviluppo improvviso di qualcuno o di qualche cosa. Idarella la ricordo vagamente, la incontravo quando andavo a Pian de Rocca nella casa dei miei nonni. Era una persona molto minuta. Se dobbiamo leggere tra le righe di questa frase dovremmo certo cogliere il suo significato ironico crescere troppo in fretta ma fermarsi lì.

Prima della guerra viveva a Montalto, precisamente a Rompicollo, un fotografo con la sua famiglia. Era quello un periodo brutto per tutti, figuriamoci per chi faceva quel mestiere ed offriva, possiamo dire, beni di lusso. Accadeva spesso che il fotografo non aveva soldi per il rullino, ma faceva finta di averlo e scattava lo stesso le foto. Oppure nelle sue foto era sbagliata l’inquadratura e i soggetti venivano fuori dimezzati, considerando che vedeva da un solo occhio. Ancora oggi succede che se si indugia a scattare una foto, o ci si mette ad armeggiare con la macchinetta si viene paragonati al povero fotografo.

Quale situazione sarà stata la culla di questa frase? Chi avrà pianto, o finto di piangere, un morto e nel frattempo avrà raggirato un vivo? Un amico non amico, una finta vedova inconsolabile o un parente che eredita solamente alla morte del poveretto? Comunque il significato non cambia. È detto così di chi esagera o rende palese il suo finto interessamento, tanto da ipotizzare un secondo fine.

Immaginiamo quanta antipatia, innata o giustificata, ci può suscitare una persona da non poterne tollerare la vicinanza e tantomeno da poterne sentire la “puzza”, ma nemmeno “l’odore”.

Certamente pronunciando questa frase non abbiamo di una persona una grande stima. Immaginiamo la scena, forse un po’ macabra: consideriamo solo per un attimo la voracità del cinghiale che non rifiuta niente ma che, in questo caso, rifiuta la testa di qualcuno; ovviamente la testa intesa come cervello, intelletto; figuriamoci, quindi, quanto possa essere inutile, da non essere nemmeno degno pasto per un cinghiale.

Si dice spesso di una cosa che non ha nessun gusto, non sa di nulla. Se lo diciamo riferendoci ad una persona certo non riconosciamo in questa nessuna personalità, nessuna qualità, ma la riteniamo “insulsa”.

Devo dire che queste due parole vengono usate molto spesso, che poi il nostro giudizio possa essere più o meno esatto non importa in questa sede. Si dice così di una persona che di umili condizioni, salita nella scala sociale o arricchita, diventa superba; più semplicemente un pezzente arricchito o altero.

Non si sa di quale cucco (cuculo) si parla e non si sa chi sarà mai stato o quando mai sarà vissuto il primo topo. Dovremmo risalire molto molto indietro nel tempo per trovarne le origini, ma in questo caso non è l’esattezza scientifica che ci interessa ma far capire quanto una persona sia, nel suo modo di essere o di pensare, vecchio o sorpassato.

Un giudizio buono era necessario considerarlo. Il pane, oltre a raccogliere tutte le qualità di bontà e di alimento necessario, si fa tagliare, spezzare, sminuzzare. Così sarà la persona a esso paragonato: buono, malleabile e umile in tutte le circostanze.

Per gli animali, la fame è il più forte degli istinti e di conseguenza il cibo è la prima necessità. Il lupo, anche in situazioni di pericolo, abbandona la propria tana per sfamarsi. Ugualmente l’uomo così si comporta se è deciso ad ottenere qualcosa.

Avete mai lessato i polpi? Beh se cuociono più del dovuto diventano duri. Così a volte la capacità di comprendere di alcune persone, le quali nonostante l’età sono “dure di comprendonio”.

Ho sentito spesso i contadini lamentarsi della presenza nell’orto di questi vermiciattoli che, zitti zitti, fermi fermi devastano le loro colture. Si attribuisce ad una persona poco attiva, che non ha spina dorsale e svolge solo due funzioni mangiare e dormire.

Non è piacevole sentirselo dire, ma efficacissima la similitudine. La volpe, che viveva nel tombolo della nostra macchia mediterranea, forse ancor di più nelle nostre paludi, avrà certamente avuto un odore poco gradevole. Riferendosi a qualcuno si indica la sua scarsa igiene personale.

Ho sentito spesso i contadini lamentarsi della presenza nell’orto di questi vermiciattoli che, zitti zitti, fermi fermi devastano le loro colture. Si attribuisce ad una persona poco attiva, che non ha spina dorsale e svolge solo due funzioni mangiare e dormire.

Immaginiamo una persona che improvvisamente la notte possa morire. Lascerete tutto in sospeso, dalle faccende di casa, agli affari di una vita. Così chi pronuncia questa frase è davvero sommerso da infinite cose da sbrigare.

Espressione semplice e comunissima. Soffermiamoci sulle parole: è impossibile quantificare le parole che diciamo o quanto parliamo, figuriamo se le faccende dovessero superarle!

Con queste due parole spesso si termina un discorso come per far capire che tra una cosa e l’altra si è fatto tardi e non si è riusciti a concludere ciò che si era prefissato.

Si è soliti dire così quando una faccenda da sbrigare non è urgentissima, ma può aspettare, diversamente dal grano che quando è maturo casca e se non è mietuto non dà guadagni.

Questa frase è riferita ad una persona che è sommersa di cose da fare ed è svelta nel portarle a termine. Tanto svelta che nemmeno le mosche riescono a posarsi su di lei!

Questa frase mette in evidenza le capacità di una madre a occuparsi delle indispensabili e contemporanee attività di una famiglia tra le quali badare ai figli e a tutte le problematiche che questi comportano, sia da piccoli che da grandi. Ma se dovessero essere i figli a badare alla madre non riuscirebbero mai ad eguagliarla.

Efficace paragone. Chiunque venga definito con questa frase è sicuramente una persona svelta, ma anche furba e “scarsa di complimenti”.

Mai parole più attuali. Siamo miliardi di persone oggi ed altrettanti siamo stati nel passato e ancora di più saremo in futuro, ma ognuno di noi ha le proprie convinzioni e la propria filosofia di vita. Quindi siamo tutti diversi, essendo però tutti uguali. Così nella mano diversa è la lunghezza delle dita, ma è uguale il loro valore e il loro uso.

Giudizi scontati, convinzioni e soluzioni a tutto è tipico di chi parla di qualcosa che non conosce. Spesso siamo sicuri di essere capaci di affrontare una certa situazione e di fare sempre la cosa giusta. Dimentichiamo però che una cosa è viverla, un’altra è esserne soltanto spettatore.

Tipica espressione di una persona totalmente diffidente di tutto e di tutti. In una società dove la prevaricazione è normale, spesso si vive sulla difensiva, si ha paura di essere traditi, addirittura, dai nostri stessi indumenti.

Abbiamo tutti notato che un fuoco di sterpaglia, o meglio di frasche, abbia come conseguenza solo un gran fumo e una breve durata. Mentre un fuoco di legna è caldo e duraturo. Inoltre se si passa vicino ad un fuoco di “frasche” il fumo e il puzzo ti avvolgono. Così nella vita, se si frequentano persone di poco valore potrà capitare di comportarsi come loro.

Crescere i figli è una grande impresa, senza manuali o strategie collaudate. Preoccupazioni, gioie, dolori, ansie, denaro e quant’altro è ciò che ruota intorno a loro. Chi non li ha non ha sperimentato la totale dedizione verso qualcuno, in questo caso un figlio. Di conseguenza non presterà i soldi volentieri o non riuscirà a dare consigli adatti.

Qualcuno un giorno mi disse così. La comprensione di queste parole non fu facile. Ma poi capii che dovevo prendere in considerazione proprio le fattezze della formica. Infatti questo piccolo operoso animale è diviso in tre parti, ha la parte centrale del corpo più piccola rispetto a quella anteriore e a quella posteriore. E proprio questa parte “nel mezzo” è paragonata all’animo “stretto” della persona tirchia.

Chiusetta era l’asina del “Poro gobbo”. Si dice che una sera l’avesse legata al fienile e che durante la notte i ladri abbiano fatto man bassa del fieno. Il mattino dopo il “Poro gobbo”, non trovando più il fieno, se ne uscì con l’esclamazione: “Arrabbiela quanto magna la mi’ Chiusetta!”