L’antica città di Cosa sorge su un promontorio roccioso (114 m s.l.m.) formato da due alture, divise da un’ampia sella. Nelle mura, lunghe 1500 m e rinforzate da diciotto torri, si aprivano tre porte. Quella di Nord/Ovest ancora oggi costituisce l’ingresso al sito, mentre quella di Nord/Est è la meglio conservata. Al di sopra di una grande casa, quella di Q. Fulvius, sorge l’attuale Museo Archeologico, che ne ripete in parte la pianta.
L’area archeologica si estende all’interno dell’antico perimetro murario della colonia latina, fondata nel 273 a.C. per tenere sotto controllo un territorio appena sottratto agli Etruschi. La nuova colonia latina di Cosa venne così a controllare un’area geografica ampia circa 550 kmq. Il nome derivò da quello più antico di Cusi o Cusia, relativo a un piccolo centro etrusco disposto sul luogo dell’attuale Orbetello. La posizione strategica e il carattere di fortezza, derivante dalla presenza di un possente circuito murario, vanno messe in rapporto sia con la minaccia che la potenza navale cartaginese costituiva per i Romani sia con la necessità di tener sotto controllo i territori etruschi di recente conquista, ancora non definitivamente sottomessi.
Secondo Ranuccio Bianchi Bandinelli Cosa è uno dei migliori esempi della cultura urbanistica ellenistico-italica del III secolo a.C.
A differenza delle colonie romane, Cosa non segue strettamente lo schema del castrum, ha l’aspetto di una grande città di dimensioni proporzionate per un alto numero di coloni, e con adeguate infrastrutture monumentali. Due erano le aree pubbliche della città: l’acropoli, con funzione religiosa, e il fòro, sede dell’attività politica della comunità. Nell’acropoli sono ancora ben conservati i resti del Capitolium, tempio dedicato alla triade capitolina (Giove, Giunone e Minerva), e i resti del piccolo tempio di Mater Matuta, dea dell’aurora, protettrice della vita nascente e della fecondità. Il foro conserva resti degli edifici commerciali, con portici e pozzetti.
Nella prima fase di vita della colonia (III-II sec. a.C.), le abitazioni erano modulari e standardizzate. Ingresso aperto sulla strada, atrium (cortile centrale), hortus (orto o giardino) sul fondo, pavimenti in opus signinum (cocciopesto), muri in mattoni crudi e tetti coperti con embrici e coppi.
Ai piedi del promontorio in cui sorgeva la colonia fu costruito il porto della città: Portus Cosanus. Alle spalle dell’approdo portuale era un’ampia laguna costiera di cui il lago di Burano è un residuo. Tutta l’area circostante il porto fu attrezzata con imponenti infrastrutture, per creare un ricovero sicuro per le imbarcazioni (moli e frangiflutti in blocchi di calcare), e per evitare l’insabbiamento del porto stesso e della laguna retrostante. All’inizio del II sec. d.C. si verificò un progressivo spostamento dell’abitato dalla collina alla valle sottostante di Succosa (da Subcosa), nei pressi del porto.
Agli inizi del VI secolo l’acropoli fu oggetto di una completa ristrutturazione per accogliere una guarnigione militare fortificata. Nell’area del foro si concentrò un abitato di povere case isolate e sparse che avevano come punto di riferimento comune una chiesa cristiana che sorgeva sulle rovine dell’antica basilica civile romana. In questo periodo Cosa potrebbe essere stata una fortezza bizantina posta a contrastare l’avanzata dei Longobardi. Risale forse a questo tempo il cambiamento del nome in Ansedonia. In seguito Cosa-Ansedonia passò ai Franchi e, per volere di Carlo Magno, fu poi donata come feudo all’Abbazia delle Tre Fontane di Roma (805). A partire dal X secolo Ansedonia fu occupata da un nuovo insediamento fortificato (castello). Si tratta, appunto, del castello che nei documenti è nominato tra i possessi della potente Abbazia delle Tre Fontane. Tra il XII e XIV secolo tutta l’ area passò attraverso le alterne dominazioni degli Aldobrandeschi, della Repubblica di Orvieto e infine della Repubblica di Siena, che la distrusse nel 1329.
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